I ricordi dell’autrice più distanti nel tempo collegati all’ansia, o meglio alla “strega”, come ha imparato a chiamarla nel corso degli anni, sono legati alla sua primissima infanzia, quando la paura del buio e dei mostri che lo abitano, la tengono sveglia tutta la notte, con gli occhi sbarrati nel buio, popolato di mostri e fantasmi. E da lì il suo racconto si avvita in una spirale vorticosa, in cui tutti i momenti della sua esistenza, anche i più belli, come la laurea, l’amore, il matrimonio, la nascita dei figli, il piacere della professione di docente vengono “sporcati” sistematicamente dalla sua compagna di sempre, che come un assillo la tiene sottomessa e mai la fa sentire felice e appagata. Ma Anna decide che la “strega” non può gestire la sua esistenza. Non accetta di farsi centrifugare dalla paura, non vuole una vita da sconfitta. E così, con l’aiuto di alcuni specialisti, comincia un percorso di lettura delle sue emozioni, delle sue fobie e di tutti quei meccanismi e grovigli interiori che la trascinano nel panico. Si accetta fragile e debole, ma si scopre anche capace di fare, se non una vita …normale, almeno una vita in cui l’ansia non è sempre padrona di tutto; lei sa che deve imparare a gustare ogni attimo della sua esistenza, assaporarne ogni briciola, ridere di sé stessa e delle sue debolezze, perché il tempo scorre inesorabile e ha diritto a prendersi tutta la felicità che le spetta. Voltarsi indietro e guardare tutto quello che si è fatto nella vita diventa così la medicina migliore per capire quanto vali e il bene che meriti. E Anna adesso lo sa.