Poverissima e perdutamente infatuata di un uomo bugiardo e ammogliato, che la illude di poterla un giorno fare sua legittimamente, Olì viene cacciata di casa a causa dell’imminente maternità. Qualche anno dopo, decisa a fare scomparire le proprie tracce, abbandona il figlio davanti all’abitazione del padre naturale. Il piccolo Anania verrà così allevato nella casa paterna, accudito amorevolmente dalla madre adottiva. Ma nel suo cuore, oltre all’amore per Margherita, figlia del suo padrino, sopravvive il ricordo di Olì e il segreto desiderio di poterla un giorno ritrovare. Solo in questo incontro, che suscita in lui timore e rabbia, Anania ritiene possa celarsi il suo riscatto. “Sì, tutto era cenere: la vita, la morte, l’uomo; il destino stesso che la produceva. Eppure, in quell’ora suprema, davanti alla spoglia della più misera delle creature umane, che dopo aver fatto e sofferto il male in tutte le sue manifestazioni era morta per il bene altrui, egli ricordò che fra la cenere cova spesso una scintilla, seme della fiamma luminosa e purificatrice, e sperò, e amò ancora la vita”. Dal romanzo Cenere, di soggetto sardo come tutti quelli che l’hanno preceduto, fu tratto, nel 1916, un film muto diretto e interpretato da Febo Mari.
Grazia Deledda (1871-1936), scrittrice italiana, ottenne il Premio Nobel per la Letteratura nel 1926. Tra le sue opere: L’edera (1906); Canne al vento (1913); La madre (1920); Annalena Bilsini (1927).